Lavorare, lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare è la scritta in acciaio lunga sei metri che caratterizza il bizzarro monumento posto alla fine del lungomare di San Benedetto del Tronto.
Uno dei più sensibili e sfortunati poeti italiani, Dino Campana, nel 1913 in un suo componimento letterario, scrisse: “Fabbricare, fabbricare, fabbricare/preferisco il rumore del mare”. Molti anni dopo, lo scultore e pittore piemontese Ugo Nespolo prende in considerazione quei versi, li riadatta, salvaguardando il senso. Ed ecco il motto, collocato in verticale, dai tipici colori marini, che si erge su una possente e solida struttura a tre piedi rosso fuoco.
Le otto parole in stampatello maiuscolo con varie tonalità di azzurro, all’apparenza semplici, ma che nascondono un invito a riscoprire i valori più sani della vita, inizialmente divise l’opinione pubblica. Quella frase, sebbene risultasse semplice nel suo significato filosofico, a molti apparve irriverente. Una parte della cittadinanza restò perplessa di fronte a tanta modernità di stile e forma.
Secondo la spiegazione riportata dallo stesso artista su una targa apposta sul monumento, l’opera intende criticare gli aspetti più negativi del lavoro: avidità, invidia e desiderio che impediscono di godere dei doni più belli, come il mare. Sul piedistallo alcune frasi sottolineano proprio l’inno alla riflessione, alla tranquillità e alla meditazione, in netta contrapposizione ad una società sempre frenetica.
Nel significato della scultura non c’è contrapposizione tra lavoro e ozio. Piuttosto, l’atteggiamento mentale è quello di mantenere la capacità di saper godere della bellezza di questo nostro mare con la sua forza evocatrice, dando alla vita un equilibrio tra un privato interiore e contemplativo e quello sociale e produttivo.
Un simbolo amato ed odiato che non è un invito a far nulla ma un monito allegro e scanzonatorio a vivere un’esistenza più vera e più attenta ai valori della vita.